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martedì 19 marzo 2024
 
La Roccaccia: La Tunguska dei Poveri


alberi abbattuti e cortecce bruciate in un bosco a Tarquinia: le nostre indagini
di Angelo Ferlicca


La nostra vicenda ha inizio il giorno 11 febbraio 1997 quando il tg3 regionale del Lazio trasmette alle ore 14 un servizio da Tarquinia. Le piante cadute Le immagini sono state riprese in località Roccaccia, a pochi chilometri da Tarquinia in direzione Tuscania, e mostrano una pineta nella quale alcuni grossi pini sono rovinati al suolo ed altri mostrano segni di bruciature su parte della corteccia.
Viene quindi intervistato lo scopritore del fenomeno, Fabrizio Aumento, geologo e vulcanologo presso l'università di Halifax, in Canada, che collabora con il centro regionale Radioattività della regione Lazio.
Aumento, che stava andando a cercare funghi nella pineta che ricade sotto l'amministrazione della facoltà di agraria dell'università di Tarquinia, asserisce che si sarebbe verificato da poco tempo (in un periodo compreso tra il 20 dicembre 96 e i primi di febbraio 97) un fenomeno anomalo di origine al momento sconosciuta, forse la caduta di uno o più fulmini globulari.
Nella breve dichiarazione emerge anche il termine UFO.
Ce nè quanto basta per far rientrare il fatto nel campo di studio dell'ufologia e conseguentemente per fare scattare immediatamente le nostre indagini.

Il Mistero del Bosco

Dopo solo tre ore dalla trasmissione del servizio del TG 3, infatti un nucleo di indagine del CISU di Viterbo è già sul posto per verificare la portata dell'evento e per effettuare i primi rilievi.
Appresso a noi sopraggiungevano i carabinieri della compagnia di Tuscania, con i quali esaminiamo lo stato della pineta.
L'area oggetto della nostra analisi, si estende per circa 340 metri il lunghezza e 260 in larghezza, presentandosi pianeggiante nella sua parte centrale, mentre ai lati vi sono ampie depressioni del terreno.
L'ingresso della pineta La pineta, composta da pini d'Aleppo, sarebbe il risultato di un rimboschimento artificiale eseguito negli anni 1955/56. Immediatamente nei pressi vi è anche un grosso traliccio dell'alta tensione, che fa parte di una di quelle linee definite autostrade dell'elettricità proprio per l'importanza che rivestono nella approvvigionare energia elettrica con il potenziale di 380 mila volts queste linee è alimentano grandi città e parti di regione.

Cominciamo la ricognizione della pineta: sparsi tutt'intorno ci sono oltre 80 alberi abbattuti mentre decine di altri alberi presentano invece ampi segni di bruciature alla base del "colletto".
Il sotto bosco appare invece del tutto inalterato, se si eccettua la presenza di qualche pigna carbonizzata non sono comunque bruciati gli aghi di pino né la bassa vegetazione.
Scattiamo numerose fotografie ai pini abbattuti e bruciati ed effettuiamo il prelievo di campioni per successive analisi.
Reperti per le analisi
Questo del 11 febbraio è il primo di una serie di sopralluoghi che avremmo compiuto nei giorni avvenire.
Oltre sottoscritto hanno condotto le indagini i collaboratori Cristiano De Amicis, Massimiliano Gasbarra, Alessandro Lucci, Mauro Garberoli, con l'apporto esterno di Goffredo Pierpaoli e la preziosa collaborazione di Renzo Cabassi.

Ipotesi a confronto

Il caso esplode il giorno seguente su tutta la stampa locale, che tende ad accentuare il velo di Mistero avanzato e sostenuto dal professore Aumento con le sue dichiarazioni, lasciando però spazio anche ad interpretazioni di altro tipo.
È il caso di Sergio Mancinelli, Preside della facoltà di agraria di Tarquinia, che sulle pagine del messaggero del 12 febbraio sostiene che quegli alberi sono caduti a fine dicembre a causa della neve.
Nevone di fine anno Dello stesso parere è anche il guardiano della pineta il Signor Mancini, che da noi interpellato nel corso delle indagini ha affermato senza scomporsi: in quella pineta non è successo niente di strano.
Gli alberi ci ha detto sono caduti per il nevone di fine anno, mentre le bruciature risalgono ad un piccolo incendio di qualche anno fa.
Sui giornali si parla anche della presenza di valori anomali di Radioattività presenti in pineta, ed in particolare del rinvenimento di quantità elevate di Cesio. Ma è lo stesso Professor Aumento che, una volte effettuate le opportune analisi e raffronti con campioni prelevati esternamente alla pineta, fa rientrare l'allarme: tutto è all' interno della norma è anche i valori del Cesio inizialmente ritenuti più elevati, in realtà rientrano in quelli normali del dopo Cernobyl.
Il professore Aumento respinge però le spiegazioni termini convenzionali e, anzi, rilancia affinando l'argomento dando tutte le regioni da lui proposte:".. qui siamo di fronte ad un fenomeno che non può essere spiegato in maniera così semplicistica.
Elicottero in ricognizione È chiaro anche dall'alto (era stata da lui effettuata una ricognizione con elicottero) che in quella zona è successo qualcosa di difficilmente spiegabile.
Quegli alberi sono stati abbattuti tutti in una direzione.
In seguito, Aumento provvede ad effettuare una accurata mappatura degli alberi abbattuti e di quelli bruciati, è ha così modo di costruire in maniera articolata una sua personale ipotesi esplicativa sul caso della Roccaccia.

In un articolo pubblicato dalla rivista commerciale Notiziario ufo numero 12, maggio giugno 1997, Aumento afferma testualmente:
"..immaginiamo un tornado con una base circolare di meno di 100 m abbassarsi sulla Roccaccia, spazzando via alberi, e che nel momento del massimo avvicinamento con il suolo emette una scarica di fulmini globulari dal perimetro della base; questi vanno a massa con il terreno tramite gli alberi, ceppi e pigne, lasciando bruciata una zona pressoché anulare con le bruciature che 'guardano' la provenienza della scarica…".
Non potendo questa ipotesi dare conto di tutti i particolari riscontrati, Aumento più avanti specifica: " vi sono due maniere con le quali è possibile riprodurre la distribuzione dei danni meccanici alla Roccaccia: la prima richiede che un muro di sezione circolare, tridimensionalmente cilidrico o conico, ma vuoto al centro, si abbassi rapidamente dall'alto verso sud, con un'inclinazione di 60°, colpisca la zona fino a sfiorare terra per poi rialzarsi sempre verso sud.
Il vuoto centrale lascerebbe una zona centrale intatta; se carico di energia elettrica, brucerebbe gli alberi scaricando fulmini.
Nella seconda si possono postulare uno o più oggetti "solidi" che, sempre abbassandosi rapidamente dall'alto, al momento di sfiorare terra si separano contemporaneamente, per poi riunirsi prima di riprendere quota. In questo caso sarebbe l'oggetto/ oggetti ad aggirare la zona centrale lasciando gli alberi in piedi ma bruciandoli con fulmini che saltellano da una massa all'altra. Insomma la manifestazione di un particolare tipo di tornado, estremamente localizzata geograficamente e con numerose caratteristiche certamente poco consuete. Come si può notare, si tratta di una teoria molto complessa, che chiama in causa fenomeni a loro volta dal comportamento quasi sconosciuto, quale ad esempio fulmini globulari o i plasmodi connessi al manifestarsi di certi tipi di tornado.

I risultati delle nostre indagini

Si tratta di ipotesi di indubbia Valenza scientifica, di cui abbiamo dato in parte conto su queste stesse pagine (si veda "cerchi nel grano" UFO numero 8 aprile 1988), che in questo caso sembrano però alquanto improbabili, oltre che eccessivamente contorte.
Nel nostro caso specifico a farsi scattare l'ipotesi del Professor Aumento sono state soprattutto le molte incongruenze con il quadro che abbiamo rilevato nel bosco della Roccaccia.
Alberi caduti Troppi elementi non quadravano e troppi particolari non hanno trovato un adeguato riscontro nel corso dei nostri numerosi sopralluoghi: bastava guardarsi intorno per chiedersi come poteva essere caduto un albero in mezzo ad altri tre o quattro rimasti completamente intatti, anche in alto, nelle cime. Come poteva un tornado o qualsiasi altra forma energetica, abbattersi dall'alto e impattare così chirurgicamente le piante? E che dire dello stato perfetto del sottobosco, per il quale sempre nell'articolo sopra citato Aumento stesso ammette:" Comunque una massa rotatoria dovrebbe aver disturbato anche il sottobosco (..) il sottobosco non sembra essere stato mosso.

Vi è poi da tener conto di una seconda pineta, individuata dallo stesso Aumento a circa 2 chilometri di strada (in linea d'aria ancora meno) dal bosco della Roccaccia, dove decine e decine di pini presentano bruciature superficiali della corteccia simili, ma posizionate leggermente più in alto sul tronco rispetto ai pini della prima, e dove si poteva ritrovare una sola pianta a terra.
Secondo sito 1Secondo sito 2
Un altro elemento che poteva avere un ruolo in questa vicenda, era il traliccio dell'ENEL: difficilmente, nell'ipotesi di un tornado scatenante una tempesta elettrica di tale intensità, la linea di alta tensione così vicina (l'albero più prossimo ai cavi dista 14 metri non nè avrebbe in qualche modo risentito.
Allo stesso tempo si poteva invece presupporre un ruolo attivo da parte della linea di corrente come causa di eventuali scariche a terra, ed infatti circolano voci di un black out che sarebbe stato registrato proprio in corrispondenza del traliccio numero 29 della linea 213332, quello della pineta, avvenuto fra gennaio ed i primi di febbraio; tuttavia ogni tentativo di risalire alla fonte di queste voci per accertarne la veridicità, si è rivelato nullo.

Dall'ENEL ci è stato risposto che un eventuale black out su queste linee difficilmente passerebbe in osservato in quanto la loro interruzione comporterebbe la mancanza di energia elettrica ad un'utenza di centinaia di migliaia di persone.
Ciò non ha impedito al Comitato Consumatori Codacons di inoltrare un esposto alla procura di Civitavecchia per richiedere di perseguire penalmente gli eventuali responsabili dei danni ambientali arrecati all'area, ipotizzando un collegamento tra questi e la presenza propri del traliccio dell'ENEL.

Per quanto riguarda le ipotesi ufologiche avanzate prima sui giornali e poi sulla rivista commerciale notiziario UFO numero 11 del marzo e aprile 1997, che presupporrebbero la presenza di un UFO in avaria o di un UFO che avrebbe svolto una sorta di prelievo di vita vegetale, beh non c'è molto da commentare se non ribadire che, non avendo registrato alcuna testimonianza di avvistamento, ne presentando il fenomeno somiglianze di qualche tipo con tracce od effetti già incontrati nella casistica ufologica, il collegamento Pino rovinato al suolo lasciando però interrate le radici: alla base l'interno è vuoto quindi più vunerabile.

Appare del tutto pretestuoso, tanto più che tutte le ipotesi finora avanzate comprese quelle del Professor Aumento, sono rivolte a cause magari insolite, ma di tipo comunque convenzionale.
Stendiamo inoltre un pietoso velo sulle elucubrazioni avanzate sempre su tale rivista dal solito Corrado Malanga sulla presenza di Cesio, risultato poi tranquillamente nella norma. Altrettanto ingiustificato è il parallelo con il famoso caso di Tunguska del 1908 mentre là avevamo un area di proporzioni molto vaste con piante abbattute e totalmente bruciate che sembravano diramarsi da un punto centrale, nel nostro caso abbiamo dei residui di una combustione superficiale e l'interessamento di solo alcune piante in una zona di dimensioni certamente dei più ridotte.

E se il Mistero non esistesse?

Nel tornare più volte ad esaminare il bosco della Roccaccia, nel delimitare la portata e l'incisività delle energie che hanno determinato lo stato delle piante, un interrogativo ci si è presentato davanti in modo sempre più pressante:
Il Messaggero 19/10/1997 perché invece di presupporre uno scenario complesso e difficilmente dimostrabile come quello del Professor Aumento, non credere alle dichiarazioni rilasciate dal guardiano della pineta che parlavano della neve unica responsabile nella caduta delle piante?
Aumento a questo proposito aveva dichiarato:" se fosse come dice il custode ci si deve chiedere perché nonostante la Roccaccia abbia diversi ettari di Boschi, siano stati abbattuti gli alberi di questa striscia" e in seguito aggiungeva:" l'abbattimento sistematico di pini lungo una singola fascia ben definita, circondata da pineta intatta esclude che sia risultato della forte nevicata di fine anno 1997".

Ma cosa era successo sul finire del 1996? A partire dal 26 dicembre su tutto Viterbo e provincia si era andata via via scatenando una vera e propria bufera di vento (il Burian, vento gelido proveniente dal nord) e neve, tanta neve, come da anni non se ne vedeva, tanto da mettere in crisi tutta la zona con conseguente mobilitazione di vigili del fuoco, polizia, carabinieri e protezione civile.
Corriere Di VT 28/12/1996 Corriere Di VT 05/01/1997
Il 27 dicembre il Corriere di Viterbo a riprova dell'eccezionalità dell'evento scriveva:
"la tramontana abbatte alberi, antenne", "alberi abbattuti dal vento piombavano sulla strada" e ancora "in vari punti della provincia sono stati segnalati alberi abbattuti". Ma è proprio nei pressi del litorale che il maltempo si era accanito con più virulenza e le zone comprese fra Montalto di Castro e Tarquinia avevano subito ingenti danni, tanto da richiedere ed ottenere lo stato di calamità con un decreto che porta la firma del ministro delle risorse agricole, Michele Pinto e che specifica: gelate ed eccesso di neve dal 27 dicembre 1996 al 29 dicembre 1997 nel territorio dei comuni di Tarquinia, Montalto di Castro, Tuscania e Canino.

Il 5 gennaio 1997, sempre sul Corriere di Viterbo, nella cronaca di Tarquinia si legge:" lido, alberi schiantati sotto il peso dei fiocchi (…) i danni causati dalla nevicata e dal gelo agli alberi ed alla vegetazione del Lido di Tarquinia non si contano, secondo l'assessore alla protezione civile Mauro Mazzola sono centinaia gli alberi che hanno visto schiantarsi i loro rami sotto il peso inconsueto della neve, quando addirittura non sono crollati completamente.

Piante malate Torniamo quindi alla nostra pineta della Roccaccia di Tarquinia per fare alcune considerazioni che non lasciano margine a dubbi su quanto è successo: la prima riguarda il tipo di pino qui presente: si tratta di alberi che nonostante la loro mole (fusti con 50 cm e oltre di diametro, alti 15-20 metri) hanno un tipo di radicamento molto superficiale (ad estensione orizzontale anzichè verticale) e quindi sono estremamente deboli e vulnerabile a particolari condizioni climatiche, proprio come quelle verificatesi a fine dicembre 96.

Ma non è tutto, nel corso della nostra indagine abbiamo appurato che la fascia in cui maggiormente sono caduti gli alberi è, guarda caso, quella dove il terreno assume una maggiore pendenza: è quindi nell'ordine delle cose che il peso della abbondante nevicata possa esercitare in queste condizioni una leva più favorevoli sulla base delle piante. Terreno in pendenza Analogamente, in qualche caso alberi caduti dalla parte opposta a della naturale pendenza del terreno erano però soggetti nella loro naturale crescita ad una inclinazione di 30-60 gradi rispetto al terreno, opposta alla pendenza stessa.
Allo stesso modo trova così spiegazioni l'assenza di alberi a terra nella fascia centrale della pineta che è caratterizzata da un un terreno praticamente pianeggiante. Ecco quindi lo scenario che abbiamo potuto ricostruire: 50-60 centimetri di neve ed il Burian aggressivo che spira da nord causano in tutta la Tuscia la caduta di centinaia di alberi.
L'inclinazione del terreno e di alcuni degli stessi alberi unitamente al particolare tipo di radica del bosco della Roccaccia fanno si che gli alberi più sfavoriti vengano abbattuti dalla bufera di neve.
Un'importante conferma di questo quadro d'insieme ci è giunta dal Coordinamento Provinciale di Viterbo del Corpo Forestale dello Stato che, in seguito ad una nostra specifica richiesta, ha così risposto in data 23 aprile 1997 con una lettera a firma del Coordinatore Provinciale:
"In riferimento alla richiesta di parere tecnico sull'alterazione presente nella pineta evidenziata in oggetto, da sopralluoghi effettuati dal personale C.F.S. sono state riscontrate le seguenti circostanze: Trattasi di un rimboschimento artificiale(..) Dove circa 40 piante sono cadute di recente a terra.
Tale evento trova giustificazione nello sviluppo superficiale dell' apparato radicale, per cui l'azione del vento, particolarmente forte in zona, e delle abbondanti nevicate registrate il 28 e 29 dicembre 1996 hanno causato lo scalzamento dei pini e la loro caduta.
Alcune piante presentano annerimenti alla base del colletto in conseguenza ad un incendio radente avvenuto circa cinque anni prima; infatti le bruciature sono riscontrabili solo sulla cortecce e su alcuni strobili restati ancora sul terreno e non sugli aghi o su materiale depositato sul terreno di recente.

Clicca qui per leggere la lettera di risposta della forestale.

Le bruciature

Trovata una spiegazione credibile per le piante rovinate a terra, rimaneva da risolvere il mistero delle bruciature.
Il guardiano e la Forestale insistevano su un vecchio incendio avvenuto qualche anno prima nel sottobosco, ed una volta abbandonata la tesi di una sorta di plasmoide o comunque di una forma di misteriosa energia, questa era senz'altro l'ipotesi più plausibile sia rispetto alle bruciature superficiale dei tronchi, sia per spiegare il non incendio dell'attuale sottobosco, sia in relazione ad altri nostri rilievi quali ad esempio le bruciature (in alcune foto ben visibili) presenti sul dorso della pianta dal lato più vicino al terreno.
La spiegazione delle bruciature con un vecchio incendio non ha però convinto Aumento, che ha sempre sostenuto che le bruciature erano recenti e comunque non più vecchie di qualche mese, dapprima basandosi sull'argomento che la polvere bruciata sulle cortecce restava attaccata alle mani, poi(dopo che verificammo che tale fenomeno avveniva anche su bruciature vecchie di anni) basandosi sul fatto che ad un esame microscopico della corteccia e delle pigne annerite non era visibile alcun deposito di polline.

Allo scopo di cercare di datare in qualche modo l'incendio o comunque la causa delle bruciature, abbiamo quindi fatto avere i campioni anneriti di legno e pigne, da noi raccolti sul posto, ad alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisica dell'università di Bologna che, avendo partecipato alla spedizione di pochi anni fa nella regione siberiana di Tunguska, potevano essere interessati alle tracce della Roccaccia proprio per la correlazione, avanzata sui giornali, con il noto fenomeno che colpì la tundra nel 1908.

Fummo noi stessi ad informare della cosa sia Aumento sia alcuni giornalisti locali senza immaginare che nei mesi successivi, a più riprese, su tale coinvolgimento dell'università di Bologna si sarebbe sollevato un polverone.

I nostri campioni furono esaminati dal dottore Romano Serra, assistente tecnico presso il dipartimento, e da Menotti Galli, professore ordinario, esperto di effetti ambientali sulla vegetazione arborea, i quali però rimasero subito delusi dal fatto che già da un semplice esame visivo era risultata sui campioni stessi, sopra le parti bruciacchiate, "la colonizzazione di licheni e vegetazione superiore", che costituiva una chiara indicazione del fatto che l'incendio risaliva non a pochi mesi ma almeno a due o tre anni fa.
Licheni 1 Licheni 2
Venuta così meno la correlazione con l'abbattimento senz'altro più recente delle piante, cessò anche l'interesse degli studiosi, che non ritennero neppure il caso di stendere una relazione, come peraltro da noi richiesto.
A più riprese, nei mesi successivi, la stampa locale e nazionale è tornata sul fenomeno della Roccaccia, regolarmente riportando che vari scienziati( fra cui l'Istituto di Fisica dell'università di Bologna, il CNR e l'Istituto di Chimica dell'università di Pisa)stavano compiendo studi e ricerche in proposito, o addirittura che propri fisici bolognesi, "accorsi sul posto"(?) avrebbero concluso che le tracce sarebbero state causate da (un fenomeno energetico di grande ampiezza). Da noi ogni volta interpellati, i ricercatori del Dipartimento di Fisica ci hanno sempre negato ogni ulteriore attività, coinvolgimento o interesse, ma non hanno ritenuto il caso di diramare una smentita pubblica.

Un coinvolgimento politico Proprio questa diffusione di una notizia almeno in parte gonfiata ci è però stata di insperato aiuto., perché ha portato ad uno sviluppo imprevisto, tramite due interrogazioni parlamentari. In data 14 maggio 1997 il senatore Michele Bonatesta di Alleanza Nazionale aveva infatti depositato una interrogazione parlamentare a risposta scritta che, partendo evidentemente dalle notizie riportate sulla stampa, ha sottolineato la mancanza di riscontro da parte dell'università di Bologna dopo l'inoltro di campioni prelevati nella pineta sui quali effettuare opportune indagini e richiedeva ai ministri della Pubblica Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e dell'ambiente se non si intendeva "adottare iniziative volte ad uno studio più approfondito di tali fenomeni e volte ad accertare eventuali responsabilità dell'accaduto".

Dopo pochi giorni il 21 maggio era la volta del senatore Salvatore Lauro di Forza Italia, che analogamente richiedeva agli stessi ministeri ed alcuni altri (Interno, Protezione Civile, Difesa e Trasporti e Navigazione) delucidazioni sul "misterioso fenomeno" di Tarquinia premettendo tra l'altro che:" una prima causa tecnica del fenomeno fu individuata in un così detto fulmine palla, ipotesi non ritenuta pertinente; si ipotizzò successivamente l'atterraggio anomalo di un oggetto volante non identificato; altri invece mettono in relazione il fenomeno con la presenza in zona di un grosso traliccio per l'alta tensione; i ricercatori dell'Istituto di Fisica e Astrofisica dell'università di Bologna, esponenti del CNR e dell'Istituto di Chimica dell'università di Pisa starebbero lavorando da settimane al fine di tentare di risolvere il Mistero". L'iniziativa parlamentare ha smosso le acque, spingendo il Dipartimento di Fisica dell'università di Bologna a precisare per iscritto il proprio coinvolgimento.
I già citati ricercatori dopo aver motivato il loro interessamento in relazione alle notizie di stampa che facevano cenno alla "caduta di un meteorite o altro oggetto extraterrestre", spiegavano come avevano preso contatto con la locale stazione dei Carabinieri, che avevano dato la colpa alla copiosa nevicata di dicembre, e con il dottor Aumento che viceversa li aveva lasciati perplessi.

La datazione dell'incendio grazie alla presenza di licheni (ben visibile nelle foto che riportiamo sopra )fornisce il tassello che ci mancava: a questo punto possiamo veramente dire che il caso è risolto. Gli elementi raccolti sono tanti e tali da non lasciare margini a ragionevoli dubbi sul caso della Roccaccia, l'azione della neve ha causato l'abbattimento dei pini che avevano subito la bruciature delle cortecce durante un incendio sicuramente precedente di anni il momento della caduta. Una serie di circostanze che, combinate opportunamente, hanno dato vita ad una vicenda curiosa e quasi paradossale, che ha visto il coinvolgimento di giornalisti, militari, ricercatori universitari, parlamentari e, a torto o a ragione, ufologi (più o meno seri).

In proposito non mancano gli spunti di riflessione circa la dinamica delle informazioni in questa vicenda, dai primi reportage televisivi al ruolo di alcuni giornalisti locali nel tenere viva l'attenzione sulla vicenda, da personaggi che hanno ottenuto un'insperata notorietà a pubblicazioni popolari di settore, che hanno tutti spinto una lettura anomalistica delle tracce, cercando per così dire di farne una sorta di "Tunguska dei poveri". Ancora una volta l'indagine sul campo e l' approfondimento senza preconcetti ci forniscono gli unici risultati concreti.

Il seguente articolo è tratto da: UFO RIVISTA DI INFORMAZIONE UFOLOGICA N° 20 Luglio-Dicembre 1997. Le foto qui elencate fanno parte delle oltre 80 scattate nel corso delle indagini.



 


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